L’istituto
Carisma salesiano




Sistema preventivo
Don Bosco ha vissuto un’originale esperienza di amore verso Dio e verso gli esseri umani che si è tradotta nella storia di una grande famiglia ecclesiale la cui opera tutt’oggi si sviluppa ed è in continua evoluzione. Di tale processo storico fa parte il nostro stesso istituto e tutti coloro che in esso operano a diverso titolo. L’esperienza di Don Bosco è stata da lui stesso sintetizzata in un concetto e in un testo, appunto il “Sistema Preventivo”; l’espressione dice che alla base della prassi salesiana è l’idea che finalità dell’educazione sia quella di formare e non solo correggere le persone. Nella formulazione originaria Don Bosco dice che il suo sistema si regge su tre pilastri: la Ragione, la Religione e l’Amorevolezza.
I pilastri del Sistema Preventivo si traducono oggi in alcuni atteggiamenti chiave tra i quali sembra importante ricordare l’accoglienza, la reciprocità nell’avventura educativa, la spiritualità della festa e della celebrazione.
Accoglienza vuol dire fiducia nella persona, nel fatto che essa sia più di ciò che si vede anche quando nessuno più crede in lei, capacità di accompagnamento graduale fatto con discrezione partendo dalla realtà in cui l’altro si trova, facendo emergere e dando progettualità a ciò che ciascuno è per aiutarlo a divenire se stesso.
Reciprocità nell’avventura educativa è il concetto che esprime una visione educativa che ha per protagonista un’intera comunità fatta di educatori e di giovani in formazione: membri in relazione che si mettono alla prova e in discussione insieme, pur nella chiara differenziazione di ruoli e funzioni.
La spiritualità della festa e della celebrazione ridice ciò che esprimeva già chiaramente la confondatrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice S. Maria Mazzarello: «L’allegria è segno di un cuore che ama molto il Signore». L’allegria, questo caposaldo della spiritualità salesiana, ci dice che la dimensione celebrativa, che nasce dall’esperienza di incontro con Cristo, e la dimensione ludica costituiscono lo stile di realizzazione di ogni azione, per cui è Cristo stesso il centro della nostra festa.
Il sogno di D. Bosco si realizza a poco a poco, non l’ha realizzato una volta per tutte e per sempre, egli abbozzò la tela e chiede a noi di stendere i colori. Il colore della passione educativa da coltivare con nuovo entusiasmo; il colore di uno sguardo buono sulle diverse categorie di giovani, non inquinato da schemi e pregiudizi; il colore del punto accessibile al bene che fa pensare alle nostre città come potenzialità capaci di tessere cultura educativa; infine il colore che li riassume tutti che ha il nome della speranza. Questo era il sogno di don Bosco e continua ad essere il sogno delle nostre comunità educanti.
Relazione educativa
Secondo lo spirito del Sistema Preventivo di Don Bosco, nella relazione educativa didattica il docente:
■ va incontro all’alunno nella sua situazione personale;
■ aiuta a superare, servendosi anche dei supporti offerti dalle nuove tecnologie, le difficoltà di apprendimento e di metodo di studio e di lavoro, consapevole che queste non sono isolabili dall’insieme della struttura personale e dalle situazioni familiari e ambientali;
■ fa appello alla ragione dell’alunno con amorevolezza, portandolo a percepire di essere comunque accolto con amicizia;
■ accoglie ognuno nella sua irripetibile individualità;
Ne scaturiscono alcune conseguenze nei processi attivati:
● per educare non è sufficiente voler bene al giovane: è necessario che egli si accorga ed accetti di essere amato;
● l’azione educativa didattica viene così individualizzata, assicura la realizzazione del principio di equita’ delle opportunità;
● l’insegnante educatore comprende che, mentre da una parte sembrano perdere di pregnanza i suoi interventi di trasmissione del sapere, dall’altra cresce a dismisura l’urgenza di accompagnare l’alunno a mantenere il contatto con la realtà al di là delle relazioni virtuali mediate dai mezzi di comunicazione (social network…). Per questo l’insegnante si avvale didatticamente anche delle risorse informatiche e virtuali, ma aiuta l’alunno a capire che nella realtà sola si giocano quei valori che portano a decisioni personali libere, che permettono di realizzare propri progetti di vita, una professione, un apporto irripetibile alla comunità civile e alla Chiesa.
Comunità educante
Don Bosco e Madre Mazzarello hanno dato vita originariamente a ‘case’, ispirate allo stile di famiglia, in cui si andava a costruire una comunità educativa; solo successivamente, per dare continuità al servizio educativo e pastorale, hanno istituito comunità religiose, strutturate secondo un modello comunitario di educazione. Seguendo l’ispirazione carismatica dei nostri fondatori, la comunità educante della nostra scuola è promossa da una Comunità Religiosa. In essa entrano a diverso titolo – con pari dignità e nel rispetto delle diverse vocazioni, ruoli e competenze specifiche – religiosi e laici, genitori, allievi ed ex-allievi, uniti da un patto educativo, che li vede impegnati nel comune processo di formazione.
La nostra Comunità Educante, nella quale allievi di diverse età hanno l’opportunità di vivere la loro esperienza educativo-didattica alla luce di una crescita integrale della persona, è al tempo stesso:
■ Soggetto ecclesiale poiché in essa si assume senza riserve la dimensione educativa e culturale dell’esperienza di fede delle diverse componenti, sia di vocazioni che di ministeri.
■ Soggetto civile, in quanto al suo interno e in comunione con gli altri l’individuo matura la sua personalità attraverso l’apprendimento e l’acquisizione di competenze, per iniziare ad assolvere il dovere di formarsi, contribuendo così al progresso materiale e spirituale della società.
■ Soggetto educativo, dato che:
● promuove aperte e serene relazioni interpersonali
● realizza la qualità dell’educazione attraverso il rafforzamento del rapporto tra obiettivi pastorali, educativi e didattici, la valorizzazione dell’aspetto formativo delle singole discipline e/o aree culturali, il legame con il territorio, l’accompagnamento psico-pedagogico degli allievi e delle loro famiglie;
● pratica nella quotidianità lo spirito di famiglia del carisma salesiano ed è capace di rispondere alle esigenze partecipative dei giovani e alle attuali trasformazioni culturali e istituzionali della società.
La comunità educante è costituita dalla comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dai docenti e dagli educatori, dai giovani, dai genitori e da altri membri della Famiglia Salesiana che, a vari livelli, condividono la comune missione attraverso ruoli diversificati e complementari. La comunità educante è una realtà complessa, in costruzione e in crescita.
Le nostre radici: Giovanni Bosco e Maria Domenica Mazzarello
Nel freddo di una nebbiosa notte del febbraio 1827 un ragazzino di 12 anni lascia alle sue spalle una casa povera, riscaldata solo dall’affetto della mamma, per cercare, come altri suoi compagni, un lavoro che permetta di sopravvivere alla miseria che in quel tempo imperversa nella campagna piemontese. Tra le sue mani stringe un piccolo fagotto con alcune camicie, due libri, una pagnotta, ma i suoi occhi brillano di un sogno speciale: dare una speranza a tutti quei ragazzi che, privi di ogni conforto materiale e spirituale, sono sopraffatti dalle avversità della vita. Il piccolo Giovanni Bosco impara, negli anni, a raccogliere intorno a sé schiere di coetanei cui riesce a comunicare amicizia sincera, affetto e amore per il Signore.
Cresciuto nella fede e consolidato nelle proprie convinzioni, Giovanni entra in seminario nell’ottobre del 1835 per consacrare definitivamente la sua vita al servizio della Chiesa e dei giovani. Dopo esser divenuto sacerdote Don Bosco riconosce nella Torino del tempo, la più europea fra le città italiane, il campo fecondo per realizzare i propri ideali. Proprio lì, in occasione della festa dell’Immacolata del 1841, il giovane prete inizia il catechismo per i ragazzi sbandati che a quel tempo affollavano le strade di Torino, in piena rivoluzione industriale.

Lo stesso Don Bosco, molti anni dopo, riconoscerà in quell’8 dicembre 1841 la data da cui prende avvio tutta la sua opera educativa. Egli non si limita alla formazione religiosa, ma offre a quei giovani che popolavano i cantieri e le periferie della città, una casa per essere accolti, un cortile per giocare, una scuola per studiare, una Chiesa per pregare.
Nucleo dell’oratorio di S. Francesco di Sales, la prima opera salesiana, sarà la “Tettoia Pinardi”, inaugurata nella Pasqua del 1846: uno stabile situato a Valdocco, il più malfamato quartiere di Torino. Tra quelle anguste mura, il 26 gennaio 1854, Don Bosco accoglierà l’impegno di un piccolo gruppo di giovani decisi a spendere la propria vita al servizio dei ragazzi e della missione educativa del sacerdote torinese: da questo sparuto gruppo avrà origine la congregazione dei Salesiani oggi diffusa e conosciuta in tutto il mondo.
Negli stessi anni in cui Don Bosco iniziava ad occuparsi dei giovani emarginati nella città di Torino, in un piccolo paese del Monferrato, Mornese, una ragazza, Maria Domenica Mazzarello, dopo aver appreso il mestiere di sarta, avvia un piccolo laboratorio di cucito per le adolescenti del paese. Successivamente, insieme alle sue amiche, apre un oratorio e una piccola casa di accoglienza in cui educare le bambine ai valori cristiani. Un giorno, ormai depauperata delle sue energie fisiche a causa del tifo contratto, riflettendo su come avrebbe potuto continuare a fare del bene, ebbe l’impressione che la Madonna stessa rafforzasse la sua vocazione ad occuparsi delle giovani del paese con le parole: «A te le affido».

Le strade percorse dai due educatori accomunati dalla stessa scelta di vita, dedicarsi completamente al bene dei ragazzi, finirono per convergere. Era l’ottobre del 1864, quando Don Bosco, in visita ai paesi del Monferrato insieme ai suoi giovani, incontrò Maria Domenica con le sue compagne. Sarà lo stesso Don Bosco, nel 1872, a dare il nome di “Figlie di Maria Ausiliatrice” al nascente Istituto aggregato alla Società Salesiana. I due Istituti, Figlie di Maria Ausiliatrice e Salesiani, andarono sviluppandosi rapidamente superando i confini regionali per estendere in tutto il mondo quell’opera di educazione integrale dei giovani che tutt’oggi prosegue.
Il sogno dei nove anni
Tutta l’opera educativa di Don Bosco è segnata profondamente da un sogno che il santo fece a nove anni. Egli racconta di essersi trovato in un cortile affollato da ragazzi che schiamazzavano, bestemmiavano e si picchiavano tra loro e di aver usato pugni e parole per tentare di separarli. In quel momento gli apparve un uomo che disse: «Non con le percosse, ma con la mansuetudine e con la carità dovrai acquistare i tuoi amici».
Uno dei cardini del sistema preventivo di Don Bosco si fonda infatti sull’amorevolezza. Il sogno prosegue con l’apparizione di una misteriosa signora, nella quale poi Don Bosco riconoscerà la Madonna, che mostra gli stessi giovani trasformati in agnelli e commenta così l’accaduto: «Ecco il tuo campo dove dovrai lavorare. Renditi umile, forte e robusto».
É un invito ad impegnare tutte le forze in prospettiva della sua missione utilizzando ragione e fede che, assieme all’amorevolezza, costituiscono i pilastri del sistema preventivo.

Come l’opera educativa di Don Bosco nasce dal sogno dei nove anni, così la missione delle Figlie di Maria Ausiliatrice (Suore Salesiane) trae origine da un’intuizione profetica di Maria Mazzarello, così narrata dalle fonti storiche: «Passava un giorno per Borgoalto, quando le parve di vedere di fronte un gran caseggiato, con tutta l’apparenza esteriore di un collegio di numerose giovanette. Si fermò a guardare piena di stupore e disse fra sé: “Cos’è mai questo che io vedo? Ma qui non c’è mai stato questo palazzo! Che succede?” E sentì come una voce: “A te le affido”. Maria si allontanò rapidamente di là e procurò di non ripensarvi; ma sì, quelle giovanette erano sempre lì, quasi a chiamarla, specialmente ogniqualvolta era costretta a ripassare per quell’altura».